Tempio del Divo Giulio
L’ammasso di laterizi che si vede oggi è in realtà ciò che resta del basamento del grande tempio, del quale possiamo ormai solo immaginare la possenza. Nel muro che ancora si conserva è ricavata un’esedra, con all’interno una struttura circolare sempre in mattoni. Non è infrequente, specie intorno al 15 marzo, trovarvi mazzi di fiori freschi. I Romani rendono ancora onore al loro più celebre generale. Proprio in questo punto, dove ora sorge tale altare, il corpo di Cesare fu cremato. In realtà l’uso romano vietava di bruciare cadaveri all’interno del pomerio, il confine sacro della città, per questo la pira che doveva accogliere il corpo del dittatore era stata preparata, come di consueto, nel Campo Marzio. L’emozione suscitata però dalla visione del cadavere di Cesare martoriato dalle ventitré coltellate e la lettura da parte di Antonio del suo testamento, ed in particolare della parte in cui Cesare aveva predisposto un lascito a ciascun cittadino romano (trecento sesterzi a testa!), provocarono una tale commozione che il corpo fu preso di forza e cremato con un improvvisato rogo, nel quale i soldati gettarono le loro armi, le matrone i loro gioielli e le vesti dei figli. In quel luogo fu poi eretto l’altare che ancora oggi si vede, ed alle sue spalle il grande tempio ormai scomparso, del quale si distingue oggi il solo basamento in cementizio. Ben presto in cielo apparve una stella. Essa fu interpretata come segno dell’avvenuta trasformazione in dio di Cesare. Era la prima volta che si riconosceva un’origine divina ad un cittadino romano. Iniziava così il principato.